Pensione di anzianità e pensione di vecchiaia: quali sono le differenze?

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Si fa presto a dire pensione, ma appena ci si addentra un attimo nel complicato mondo della rendita previdenziale che lo stato riconosce ai lavoratori al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e/o contributivi, ci si accorge che nulla è così semplice come si vorrebbe.

In un labirinto di norme in continuo mutamento ottenere o, più semplicemente, calcolare la pensione di anzianità o la pensione di vecchiaia rischia di diventare una materia contorta persino per gli specialisti.

Cerchiamo di fare chiarezza fra termini, titoli richiesti e tipi di pensione, soprattutto fra le due principali protagoniste: la pensione di vecchiaia e la pensione di anzianità. Non saranno trattate, in quest’articolo, le eventuali opzioni pensionistiche quali, ad esempio, “Opzione donna” o “Quota 100”.

 

Cos’è la pensione di vecchiaia

Con il termine pensione di vecchiaia si intende il diritto ad accedere all’assegno previdenziale al raggiungimento di una certa età.

Detta in altri termini, il calcolo della pensione di vecchiaia si basa su un requisito contributivo piuttosto leggero, a oggi 20 anni di contributi versati, a fronte di un requisito anagrafico molto stringente, fissato a 67 anni di età, sia per gli uomini che per le donne.

Mentre l’ammontare del requisito contributivo resta sostanzialmente stabile nel tempo non si può dire lo stesso di quello anagrafico, vero principio fondante della pensione di vecchiaia, che in questo tipo di previdenza cambia al variare delle condizioni demografiche, in particolare al cosiddetto dato della “speranza di vita”.

L’adeguamento, deciso per garantire una stabilizzazione del sistema a fronte di un aumento dell’aspettativa di vita delle persone rilevato dall’Istat, avviene su base biennale benché nella realtà l’età pensionabile, 67 anni appunto, non sia cambiata nell’ultimo triennio né siano previsti incrementi nel prossimo futuro.

 

Pensione di vecchiaia: alcune eccezioni

Ovviamente, stante la regola generale sopra indicata, il sistema previdenziale italiano prevede alcune eccezioni che rendono più semplice o più complesso accedere alla pensione di vecchiaia. Le principali sono:

  • La possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia per i lavoratori che non abbiano raggiunto i 20 anni di contributi al compimento del 67simo anno di età. In questo caso, salvo successivi adeguamenti demografici, l’età pensionabile diventa di 71 anni a fronte del versamento di ulteriori 5 anni di contributi
  • La possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia a 66 anni e 7 mesi per i lavoratori che svolgano mansioni gravose, a patto però di aver versato 30 anni di contributi
  • La possibilità di accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni in regime di totalizzazione, ovvero consentendo “l’acquisizione di un’unica pensione di vecchiaia per i lavoratori che hanno versato contributi in diverse casse, gestioni o fondi previdenziali” (fonte INPS)

In quest’ultimo caso va detto che l’erogazione dell’assegno avviene solo 18 mesi dopo l’effettivo raggiungimento dei termini mentre nel caso generale il calcolo della pensione di vecchiaia si effettua al raggiungimento dell’età pensionabile e il pagamento decorre dal primo giorno del mese successivo la soddisfazione del requisito.

 

Pensione di anzianità: abrogata!

La pensione di anzianità, intesa in passato come la combinazione fra gli anni di contributi e un requisito anagrafico è stata di fatto abolita nel 2011 e, a oggi, non è prevista nel nostro ordinamento pensionistico, se non per le lavoratrici e i lavoratori che ne avessero i requisiti alla data della sua eliminazione, ovvero il 31 dicembre 2011 appunto.

L’idea che, al contrario della pensione di vecchiaia, esistesse una forma previdenziale basata non su requisiti anagrafici ma contributivi è stata superata, a salvaguardia dei lavoratori di lungo corso, e sostituita con il sistema della pensione anticipata.

 

Pensione di anzianità e pensione anticipata: cosa cambia?

La pensione di anzianità e la pensione anticipata condividono il principio della possibilità di raggiungere i requisiti pensionistici a un’età inferiore a quella prevista dalla pensione di vecchiaia a fronte però di un cospicuo versamento contributivo.

In particolare, ad oggi, per accedere alla pensione anticipata sono richiesti:

  • 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva agli uomini
  • 41 anni e 10 mesi di anzianità contributiva alle donne

Ovvero rispettivamente 2 anni e 10 mesi e 1 anno e 10 mesi in più rispetto ai requisiti contributivi della vecchia pensione di anzianità, fissati in 40 anni.

A differenza di quanto accadeva con il vecchio ordinamento, tuttavia, non è più prevista un’età minima, che nel calcolo della pensione di anzianità si considerava a 62 anni per entrambi i sessi.

Anche il contributo necessario al raggiungimento della pensione anticipata dovrebbe seguire, proprio come il criterio anagrafico nella pensione di vecchiaia, un periodico adeguamento che, nei fatti, non c’è stato e, nel caso della pensione anticipata, risulta oggi sospeso salvo successive modifiche fino al 31 dicembre 2026.

 

Pensione di anzianità e pensione anticipata: punti di contatto

La nuova formula della pensione anticipata mantiene, così come la vecchia pensione di anzianità, una serie di tutele verso categorie specifiche di lavoratori che, è legittimo supporre, verranno mantenute anche in successive riforme, trattandosi di:

  • Lavoratori con ridotta capacità lavorativa
  • Lavoratori che abbiano svolto attività usuranti negli ultimi anni o per una fetta consistente della loro vita lavorativa complessiva
  • Lavoratori che siano in condizione di disoccupazione volontaria a seguito di licenziamento
  • Lavoratori che assistano come caregiver parenti di primo grado affetti da handicap o patologie invalidanti
  • Lavoratori precoci, ovvero con almeno un anno di contribuzione prima dei 19 anni di età

Per tutte queste categorie la legge attuale prevede la possibilità di accedere alla pensione con 41 anni di contributi, tutela che, rivista e rimodulata, permane dal regime di pensione di anzianità precedente.

 

Pensione di vecchiaia e pensione di anzianità: se le raggiungo sono obbligato ad andarci?

Il raggiungimento dei requisiti di vecchiaia o anzianità non implica assolutamente l’obbligo di pensionarsi.

Tuttavia, nel settore privato esiste una soglia di pensionamento forzato (fissata a oggi a 71 anni) e resta intesa la libertà del datore di lavoro di licenziare il proprio dipendente per sopraggiunti limiti di età.

Le regole variano nel settore pubblico dove si tende a favorire il pensionamento e quindi al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia è abbastanza normale la cessazione quasi automatica del rapporto di lavoro.